LO STUDIO NASCE NEL 1972 DAL PADRE GALLETTI QUINTO E VIENE PROSEGUITO NEL 1987 DA GALLETTI IVANO. RAGIONIERE E PERITO COMMERCIALE, HA FREQUENTATO LA FACOLTA' DI GIURISPRUDENZA, CONSEGUITO ABILITAZIONE AD AGENTE IMMOBILIARE ED AGENTE ASSICURATIVO.ESPERIENZA NEL SETTORE IMMOBILIARE A 360 GRADI CON COMPETENZE PER LA RISOLUZIONE DI QUALSIASI PROBLEMATICA NEL RISPETTO DELLE NORMATIVE VIGENTI IN MATERIA CONDOMINIALE, IMMOBILIARE E TECNICHE.SONO ASSOCIATO CONFEDILIZIA (ASSOCIAZIONE PROPRIETA' EDILIZIA) ED A.N.AMM.I (Associazione Nazional europea AMMinistratori d’Immobili), unico Albo Nazionale certificato Sincert Iso 9001, con la quale costantemente si seguono corsi d’aggiornamento
LO STUDIO SI AVVALE DELLA COLLABORAZIONE DI PRIMARI PROFESSIONISTI QUALI INGEGNERI, PERITI INDUSTRIALI, AVVOCATI E COMMERICIALISTI QUALI LA DOTT. COMMERCIALISTA BURLANDO ROBERTA CHE AFFIANCA IL SOTTOSCRITTO NELLO STUDIO.
OGNI ASPETTO DI OGNI SITUAZIONE VIENE VALUTATA A LIVELLO TECNICO, LEGALE E FISCALE AL FINE DI CONSEGUIRE IL MIGLIORE RISULTATO PER IL CLIENTE O PER IL CONDOMINIO.
AFFIDABILITA' E PROFESSIONALITA' SONO LE MISSION CHE CI PREFIGGIAMO SIA NEGLI ANNI TRASCORSI DALLA NOSTRA APERTURA DI ATTIVITA' CHE PER IL FUTURO.
Quotidiano degli Enti Locali & della Pa|20 aprile 2020|di Gianni Trovati
La sospensione dei tributi locali arriverà sotto forma di moratoria di sanzioni e interessi per chi salta le rate. Una moratoria ancora da definire nei tempi, che però secondo le ipotesi tecniche in via di valutazione potrebbe arrivare fino al 30 luglio. Ma sulle date i lavori sono in corso, perché è evidente che ai settori più colpiti dalla crisi servirà più tempo. All’interno di questo calendario, le decisioni spetteranno ai sindaci, che potranno sospendere le penalità per i ritardatari senza rischiare di vedersi contestare il danno erariale. La questione riguarda prima di tutto la «nuova Imu», che riunisce le vecchie Imu e Tasi e ha l’acconto in scadenza il 16 giugno, ma anche la Tari e gli altri tributi locali.
La decisione è filtrata subito dopo la fine delle due ore abbondanti di incontro che venerdì pomeriggio il ministro dell’Economia Gualtieri, affiancato dai vice Laura Castelli e Antonio Misiani, ha tenuto in videoconferenza con il presidente dell’Anci Antonio Decaro e il suo collega dell’Unione delle Province Michele de Pascale.
La trattativa fra amministratori locali e governo si è assestata su un fondo da tre miliardi ai Comuni e 500 milioni alle Province (altri 1,5-2 miliardi serviranno alle Regioni), per iniziare a compensare un crollo di entrate che comincia già a farsi sentire. Un «tavolo di monitoraggio» verificherà poi l’andamento dei prossimi mesi e la probabile necessità di rabbocchi ulteriori.
Nella riunione il titolare dei conti ha provato a ricostruire un’alleanza con gli enti locali, che sono «sulla stessa barca» del governo nell’affrontare la crisi, e al termine ha rivendicato lo «sforzo straordinario» rappresentato dal nuovo fondo. L’alleanza c’è, ma per ora a metà. «Apprezziamo l’impegno ma queste risorse rischiano di essere insufficienti», fa sapere Decaro, e anche de Pascale parla di «incontro positivo» ma sottolinea l’importanza del «tavolo di monitoraggio che andrà avanti per tutta la durata della crisi» per costruire gli aggiustamenti in corso d’opera. Aggiustamenti che saranno «chirurgici», assicura la viceministra all’Economia Laura Castelli, e basati «sull’analisi voce per voce le mancate entrate» ma anche «i risparmi» di spesa prodotti dalla crisi.
Perché le casse locali si stanno già fermando. E proprio l’esigenza di contenere il buco ha spinto ad accantonare la prima ipotesi di una sospensione dei pagamenti fino al 30 di novembre. Lo stop nei fatti c’è, perché chi si presenterà in ritardo alla cassa non dovrà pagare un euro in più, ma con una formula che evita un blocco ex ante anche a chi può pagare. Nulla vieta che i Comuni modulino la sospensione per categorie, per esempio chiamando al pagamento settori come supermercati o negozi di generi alimentari che nel lockdown non hanno perso fatturato, ed esentando i commercianti che hanno dovuto abbassare la saracinesca. Ma in un quadro così complicato una griglia statale tornerebbe utile a evitare il caos.
Il capitolo enti locali e Pa dovrebbe contenere poi misure per ridare fiato agli investimenti (le Province hanno presentato il dossier per spendere due miliardi su strade e scuole) e un nuovo intervento per sbloccare i debiti verso le imprese fornitrici con anticipazioni di liquidità da Cassa depositi e prestiti; una mossa che per le imprese si accompagna all’avvio degli indennizzi parametrati alle perdite di fatturato. Il rifinanziamento alla sanità servirà invece anche all’assunzione di alcune migliaia di infermieri. Il tutto viaggia però in un decreto Aprile ancora in movimento su numeri e contenuti. La sua griglia corre ormai intorno ai 70 miliardi fra copertura delle garanzie (come saldo netto da finanziare), deficit e rimodulazione dei fondi Ue non spesi. Ma su quest’ultimo punto la trattativa con le Regioni prosegue per capire quanti dei 10-11 miliardi di plafond potenziale sono davvero liberabili. Mentre sul deficit aggiuntivo, ha spiegato ieri Gualtieri ai sindaci, il negoziato è in corso con la commissione Ue, in vista del consiglio dei ministri di lunedì che esaminerà la richiesta al Parlamento. Si tratta di una partita da 35-36 miliardi, due punti di Pil, da inserire poi nei conti del Def atteso fra la prossima settimana e quella successiva. Documento che certificherà un deficit in volata oltre quota 8%, e che potrebbe assumere una forma “leggera” se il governo deciderà di sfruttare le aperture europee sulla possibilità di limitare le previsioni al 2021. Anche se proprio l’impennata di deficit e debito potrebbe spingere il governo a presentare il tradizionale programma triennale, per disegnare una curva di rientro più decisa.
di Saverio Fossati
Alla tavola del superbonus siede un convitato di pietra: il condominio, che pure, nelle intenzioni del Governo, dovrebbe essere l’ospite d’onore. Di pietra perché la caratteristica fondamentale dell’”ente di gestione”, come lo chiamano alcuni giuristi, è un’assoluta impossibilità di agire (se non per le attività rimesse all’autonomia dell’amministratore) dovuta anche a una norma contenuta nello stesso decreto legge Rilancio che ha attivato i bonus dal 1° luglio.
Ci vuole una delibera
Per poter avviare i lavori con la detrazione, la cessione del credito o lo sconto in fattura, infatti, è indispensabile una delibera dell’assemblea di condominio, anzi, con ogni probabilità, più d’una. Proprio quel tipo di “assembramento” che le faq del Governo hanno espressamente vietato, consentendoli solo «a distanza» come già avviene per le società.
L’occasione delle teleassemblee
Da alcuni mesi, soprattutto sulle pagine del Sole 24 Ore, si discute della possibilità di svolgere le “teleassemblee”, cioè le assemblee di condominio in videoconferenza e/o in collegamento telefonico.
Tecnicamente la cosa è fattibile, come si può leggere nella guida in visione gratuita sul Quotidiano del Sole 24 - Condominio ma alle assise in webinar dei presidenti di ben 38 associazioni del mondo condominiale,il 28 aprile scorso , è emersa quasi unanime la richiesta di un supporto normativo che autorizzi espressamente le assemblee a distanza. Il silenzio del Codice civile e una lunghissima tradizione giurisprudenziale, infatti, rendono audace una scelta del genere, anche se alcuni amministratori di condomìni per vacanze la praticano tranquillamente da tempo.
La norma del Dl che congela la situazione
Fatto sta, però, che all’articolo 212 ter dell’ultima bozza del Dl Rilancio sono previste alcune nuove disposizioni:
1) Quando il mandato dell'amministratore è scaduto alla data di entrata in vigore della legge di conversione del Dl Rilancio o scade entro tre mesi dalla stessa alla data, l’incarico dell'amministratore è rinnovato per ulteriori sei mesi dalla scadenza, in deroga a quanto previsto dall'articolo 1129 del Codice civile, fermo il diritto dei condòmini di procedere alla revoca nella prima assemblea successiva al rinnovo;
2) in deroga a quanto stabilito dall'articolo 1130, comma primo, numero 10), del Codice civile, il termine per la convocazione dell'assemblea per l'approvazione del rendiconto condominiale annuale con data di chiusura successiva al 31 luglio 2019 è differito di 12 mesi dalla data di chiusura dell'esercizio contabile.
Risultato: le urgenze più immediate sono risolte con una sorta di “esercizio provvisorio” della vita condominiale ordinaria, con l’amministratore che mantiene intatti i suoi poteri. Ma la disposizione va, evidentemente, nel senso opposto a quello di chi vorrebbe in qualche modo superare il blocco delle assemblee determinato dalle varie disposizioni di sicurezza sul coronavirus.
Così, invece di autorizzare le teleassemblee che potrebbero, certo tra qualche difficoltà, cominciare a stabilire i lavori da fare, sentiti tecnici edilizi e termotecnici e delegando una commissione o il consiglio di condominio o lo stesso amministratore a raccogliere preventivi, per poi prendere una decisione definitiva in tempi ragionevoli, il Governo ha scelto di dare un segnale di assoluto immobilismo.
Intendiamoci: la teleassemblea resta sempre una scelta possibile per i condomìni più attenti e tecnologici, così come sono sempre possibili i rischi legati a impugnazioni(anche pretestuose) su convocazioni, delibere e maggioranze assunte “ a distanza”. Ma senza un avallo normativo si sa già come andrà a finire.
E considerando i tempi decisionali medi di un condominio, aspettare la fine dell’emergenza per convocare la prima assemblea vuol dire condannare all’insuccesso tutta l’operazione 110%.
di Giorgio Santilli
C’è molta attesa per la norma dell’ecobonus e del sismabonus (articoli 128 e 128 ter della bozza del Dl Rilancio) con la detrazione al 110% della spesa sostenuta che aprirà la corsa ai lavori condominiali dal 1° luglio. Nei condomini già tanti si sono mossi per sfruttare la finestra e fare lavori che magari erano nel cassetto da tempo. Molti hanno capito, infatti, dalle prime informazioni che hanno acquisito, i vantaggi dell’agevolazione bomba contenuta nel decreto legge Rilancio: in estrema sintesi fare tutti i lavori a spese dello Stato e senza dover versare neanche un euro di anticipo. Questo in effetti è possibile grazie alla possibilità generalizzata di usare la cessione del credito con il Fisco alla banca o all’impresa che realizza i lavori e monta gli impianti.
Banca e impresa
Nel primo caso si va in banca a chiedere un prestito e si ripaga la banca con la cessione del credito (il 10% “extra” rispetto alla spesa sostenuta dovrebbe consentire di coprire gli interessi): poi ovviamente il prestito paga l’impresa che realizza. La seconda strada è lo «sconto in fattura» emesso direttamente dal costruttore o dall’impiantista: il credito con il Fisco viene girato direttamente all’impresa realizzatrice dei lavori che poi lo usa nelle sue pendenze con il Fisco o può, a sua volta, girarlo alla banca.
Manca un provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate che spieghi, entro trenta giorni dall’entrata in vigore del decreto legge, come dovranno essere comunicati, «esclusivamente in via telematica», i dati relativi alla doppia opzione “cessione del credito” e “sconto in fattura”. E definisca anche, più complessivamente, «le modalità attuative» di tutto l’articolo. Il governo giura che da quel versante non arriveranno ostacoli perché in realtà i due meccanismi sono già sperimentati sia pure per applicazioni limitate e soprattutto con sconti fiscali più bassi. Per ora è previsto un «visto di conformità» da parte del responsabile di un centro di assistenza fiscale.
Ma vediamo gli aspetti della norma meno chiari o che comunque, nei conciliaboli condominiali, rischiano di creare qualche equivoco, anche rilevante. Basta sentire il “passa parola” che è già cominciato per capire che il rischio c’è.
Che cosa si può fare
Non tutti i lavori sono agevolati. Chi pensa di rifare solo le facciate o anche la coibentazione di un tetto non avrà accesso alla maxiagevolazione. Per avere il 110% di sconto bisogna comunque prevedere nel pacchetto dei lavori uno di questi due interventi “trainanti”:
a) il cappotto termico dell’edificio;
b) la sostituzione della caldaia tradizionale con una caldaia a condensazione o a pompe di calore.
Questi due interventi hanno accesso al superbonus e si trainano dentro il perimetro del 110% altri cinque tipi di interventi: l’istallazione di pannelli solari; gli impianti di accumulo di energia relativi agli stessi pannelli solari; il rifacimento delle facciate; l’installazione di colonnine per la ricarica delle batterie delle auto elettriche; e tutti gli interventi già ricompresi nel vecchio bonus.
Meglio ripetere: senza cappotto o caldaia nuova, neanche questi interventi vanno al 110% ma restano al loro sconto tradizionale (65% per l’ecobonus, 90% per le facciate, eccetera). Va aggiunto che un altro tipo di intervento ha accesso, da solo, allo sconto del 110% ed è quello del sismabonus, quindi la messa in sicurezza sismica.
Tutti questi interventi - che vanno asseverati dai tecnici competenti come accade già oggi - devono rispondere a requisiti e condizioni inclusi nel decreto o rinviati a decreti attuativi. I più importanti requisiti per gli interventi energetici sono l’uso di materiali che rispettino i requisiti minimi ambientali e il risultato di un miglioramento di due classi energetiche (una sola classe solo nei casi in cui sia impossibile progredire di due) in base all’attestato di prestazione energetica (Ape).
Resta sempre la possibilità di fare tutti i lavori già agevolati con i precedenti bonus edilizi al 65% o al 50%, con il vantaggio che anche in questo caso si potrà usare cessione del credito e sconto in fattura.
Condomini e prime case
Chi può beneficiare del superbonus? Su questo aspetto non sembrano esserci dubbi. Le norme «si applicano agli interventi effettuati dai condomini, nonché, sulle singole unità immobiliari adibite ad abitazioni principali, dalle persone fisiche al di fuori dell’esercizio di attività di impresa, arti e professioni». Esclusi «interventi effettuati su edifici unifamiliari diversi da quello adibito ad abitazione principale».
È interessante però capire cosa significhi interventi sulle abitazioni principali perché i tre interventi ammessi al superbonus riguardano sempre interventi sugli edifici, quello sull’isolamento termico e quello sulle «parti comuni» per la sostituzione degli impianti di riscaldamento.
Non sembra esserci spazio per interventi sulle singole unità immobiliari salvo che non si intenda che si possono agganciare agli interventi condominiali anche quelli di efficientamento energetico sui singoli appartamenti. Ma su questo serve certamente un chiarimento. È chiaro invece che l’intervento è ammissibile su edifici unifamiliari. Per inciso si può ricordare che anche le case popolari (Iacp) possono accedere al superbonus.
Quanto si può spendere?
Qui si conferma che la norma nasce per i condomìni perché gli edifici unifamiliari avranno una spesa massima ammissibile di 60mila euro per il cappotto termico e di 30mila per la caldaia. Mentre ben più ampio è l’intervento ammesso al bonus nei condomìni dove i 60mila euro per l’isolamento termico e i 30mila euro per le caldaie devono essere moltiplicati per il numero di unità immobiliari.
In caso di condominio di dieci appartamenti 600mila per il cappotto e 300mila per la cadaia più tutti gli interventi agganciabili che rispondono ognuno al proprio limite ordinario (per i pannelli solari 48mila complessivi).
Il sismabonus e la polizza con il supersconto fiscale
Una particolarità va segnalata per il sismabonus: c’è la possibilità - senza obbligo - di stipulare una polizza assicuartiva anticalamità e portarla in detrazione al 90% se alla stessa compagnia assicurativa viene ceduto anche il credito con il Fisco.